I nostri 10 principi

I nostri valori

Sono benvenuti tutti coloro che vogliono aderire ai nostri principi e valori:

Creare un mondo adatto alle generazioni future.

È nostro dovere creare un mondo vivibile per le prossime sette generazioni. I nostri cuori ci dicono che un mondo differente è possibile. La nostra visione del cambiamento è sufficientemente ampia da poter contenere una varietà di opinioni su quale sia il modo migliore per fare questo cambiamento.

La nostra visione

Il nostro mondo è in crisi. La vita stessa è in pericolo. Ma in ogni crisi vi è una possibilità di trasformazione. In tutto il mondo, guidata dai giovani, la gente si sta risvegliando e si sta unendo.

Sentiamo la storia che ci chiama dal futuro. Intravvediamo immagini di un nuovo mondo fatto di amore, rispetto e rigenerazione e dove abbiamo ripristinato l’intricata rete di ogni forma di vita. È un futuro che tutti ci portiamo dentro – situato nell’amore feroce che sentiamo per i nostri figli, nel nostro desiderio di aiutare un estraneo in difficoltà, nel nostro desiderio di perdonare anche quando questo ci costa fatica.

E per questo ci ribelliamo, invocando gioia, creatività e bellezza. Ci solleviamo in nome della verità e ritiriamo il nostro consenso all’ecocidio, all’oppressione ed al patriarcato. Ci solleviamo per un mondo in cui il potere è condiviso ed il cui obiettivo è rigenerare, riparare, rispettare e riconciliare. Ci ribelliamo per amore. La nostra visione si estende oltre la durata della nostra stessa vita, verso un orizzonte dedicato alle generazioni future ed al ripristino dell’integrità del nostro pianeta.

Insieme, la nostra ribellione è il dono di cui questo mondo ha bisogno. Noi siamo XR e voi siete noi.

Mobilitare il 3,5% della popolazione per ottenere un cambiamento di sistema – utilizzando idee come “Momentum-driven organizing” per raggiungere questo obiettivo. (“Momentum-driven organizing” è un concetto sviluppato nel libro “This is an uprising”, di Mark & Paul Engler. È un modello d’organizzazione che combina la potenza esplosiva ed a corto termine delle mobilitazioni di massa con la capacità di prendere decisioni collettive e di sostenere nel tempo la lotta delle strutture convenzionali, tipo ONG).

Il cambiamento necessario è enorme e tuttavia realizzabile. Nessun regime del 20esimo secolo è infatti riuscito a contrastare una rivolta che ha avuto la partecipazione attiva di almeno il 3,5% della popolazione (vedi la ricerca di Erica Chenowort). In Svizzera ciò significherebbe mobilitare circa 300’000 persone, al fine di realizzare un rapido cambiamento nella distribuzione della ricchezza e nelle strutture di potere, impedendo ad un’élite ricca di perpetuare un’ideologia che preserva solo i suoi interessi.

Siamo consapevoli di trovarci nel mezzo di una crisi drammatica, la cui dimensione e tragicità può essere difficile da comprendere e da affrontare. Stiamo vivendo la 6a estinzione di massa e non stiamo adottando misure adeguate per informare le persone sulla situazione e per scongiurare le conseguenze più drammatiche del collasso climatico. Il mondo è profondamente disuguale, poiché la ricchezza ed il potere sono concentrati nella mani di una piccola minoranza. La crisi si manifesta anche minando la nostra salute mentale e fisica, anche quella dei nostri figli, a causa di diverse forme di malnutrizione e di un ambiente sempre più tossico. Viviamo con la minaccia di pandemie e del fallimento degli antibiotici. Il nostro sistema finanziario è destinato ad un’altra crisi, più grande di quella precedente. Tutte conseguenze di una cultura globale basata sulla conquista degli “altri”, sulla competizione, sull’oppressione e sul terrorismo.

Siamo consapevoli che il nostro impegno non è tanto quello di “salvare il mondo” come lo conosciamo, quanto piuttosto quello di cercare di sviluppare la nostra resilienza e la nostra capacità di adattamento man mano che verranno superati i “punti di non ritorno” ed i sistemi che permettono la nostra vita su questo pianeta collasseranno uno dopo l’altro.

La nostra sede è in Svizzera e noi amiamo profondamente questa parte del mondo. Siamo concentrati sul produrre cambiamenti significativi nel nostro Paese per costruire:

  • Una democrazia funzionante, in cui le persone abbiano un reale potere decisionale. Ciò includerebbe la trasmissione del potere al livello più vicino alle persone ed alle comunità, con strutture che facilitino il processo decisionale a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale (ove appropriato).
  • Un’economia progettata per massimizzare il benessere di tutte le persone e minimizzare i danni reciproci, verso i nostri simili e verso il nostro pianeta. Abbiamo bisogno di politiche e leggi che si prefiggano il raggiungimento di una maggiore uguaglianza, la produzione localizzata, la riduzione dei consumi, lo zero netto delle emissioni di carbonio e dei rifiuti.
  • Una cultura rigenerativa. Possiamo iniziare a farlo proprio ora! (vedi principio 3 e riferimenti in tutto il testo).

Vogliamo concentrarci sui sintomi di questo sistema tossico, ma vogliamo anche cogliere l’opportunità per sottolineare che è necessario un cambiamento radicale del sistema e quindi poniamo l’attenzione sui principali pilastri che mantengono in vigore l’attuale sistema neo-liberale:

  • un settore finanziario liberalizzato basato sul debito e sugli interessi;
  • una democrazia di facciata, falsa ed in decadenza;
  • un settore dei media al servizio degli interessi di pochi ricchi, dei potenti e delle multinazionali.

Vogliamo creare una cultura che sia sana, resiliente ed adattabile.

Una cultura rigenerativa è sana, resistente ed adattabile; si prende cura del pianeta e si prende cura della vita, nella consapevolezza che questo è il modo più efficace per creare un futuro prospero per tutta l’umanità. Cultura rigenerativa significa migliorare di anno in anno, facendo piccoli passi per guarire e progredire a tutti i livelli, come individui, come comunità, ripristinando il suolo, l’acqua e l’aria da cui dipendiamo. Più che essere soltanto una rete di “attivisti”, cerchiamo di trovare e mettere in atto modi di essere e di fare che supportino un cambiamento positivo. Ciò può anche includere cerimonie, rituali, meditazioni e preghiere (in modi non dogmatici né istituzionalizzati) come esperienze per trovare ispirazione da ciò che è più grande di noi stessi. Dobbiamo ritrovare l’amore per noi stessi e riconnetterci con il nostro paese e la nostra gente, ma anche con i nostri vicini, con gli altri popoli, con gli animali e con il mondo naturale.

Agire in un sistema di cultura rigenerativa significa volere e saper prendersi cura di:

  • cura di sé – dei nostri bisogni e del recupero personale da questo sistema tossico;
  • cura durante le azioni – prendersi cura l’uno dell’altro mentre intraprendiamo assieme azioni dirette di disobbedienza civile;
  • cura interpersonale – prendersi cura della relazione con gli altri, acquisendo consapevolezza di come ci influenziamo a vicenda e facendoci carico della gestione consapevole del nostro contributo in ogni relazione;
  • cura della comunità – prendersi cura del nostro sviluppo come rete e comunità, rafforzando le nostre relazioni e lavorando sulla nostra adesione a questi principi e valori;
  • cura delle persone e del pianeta – prendersi cura delle comunità di cui facciamo parte, della natura e della Terra che ci sostiene tutti.

Si tratta di relazioni che ci rendono completamente interdipendenti: le nostre relazioni con noi stessi e con le nostre storie personali, le nostre relazioni con ciò contro cui lottiamo, le nostre relazioni con gli altri giorno per giorno e le nostre relazioni come gruppo. La cura di sé significa anche prendersi cura della nostra parte più animale, la parte di noi stessi che risponde in modo istintivo alle situazioni stressanti con reazioni di attacco, di fuga o di congelamento (freezing).

Lasciamo le nostre zone di comfort per agire per il cambiamento.

Abbiamo il dovere di disobbedire a questo sistema che distrugge la vita sulla Terra ed è profondamente ingiusto. Studi di scienze sociali suggeriscono come la disobbedienza civile e l’azione diretta nonviolenta siano cruciali per il cambiamento (si vedano ad esempio le ricerche in “CounterPower” di Tim Gee e “This is a Uprising” di Engler & Engler). Alcuni di noi dunque sceglieranno di intraprendere apertamente azioni di disobbedienza civile, rischiando l’arresto ed un processo. Tuttavia per appartenere ad Extinction Rebellion non è né necessario né richiesto che tutti lo facciano, poiché per molti ci possono essere buoni motivi per non farlo (chiediamo a tutti di prendersi del tempo per riflettere sulla propria situazione, sulle proprie necessità e responsabilità, sulle proprie paure e motivazioni). È importante sottolineare che la cultura di Extinction Rebellion dovrebbe supportare tutti coloro che sono disposti a partecipare: ci sono anche molti ruoli di supporto che sono estremamente utili, visto che dobbiamo consentire ad almeno il 3,5% della popolazione di partecipare attivamente. Praticheremo una “cultura della sicurezza” che ci consentirà di pianificare le azioni senza che vengano intercettate prima che siano concluse. Tuttavia la nostra disobbedienza civile e le azioni dirette nonviolente da noi praticate avvengono alla luce del sole, gli organizzatori accettano i rischi che corrono ed abbiamo pubblicato online diversi documenti che dichiarano che siamo “protettori di coscienza”, e spiegano perché riteniamo che le nostre azioni siano giustificate. Apprezziamo coloro che sono disposti ad intraprendere azioni segrete per lottare per l’ambiente e la giustizia sociale, all’interno di altre impostazioni e movimenti. Tuttavia, per trasparenza e per la sicurezza di coloro che si organizzano all’interno di Extinction Rebellion, è importante chiarire che tutte le azioni intraprese in nome di Extinction Rebellion sono “pubbliche”, cioè sono intraprese alla luce del sole.

Tuttavia, non si tratta solo di andare per le strade e di agire, dobbiamo anche curare tutti gli aspetti di cultura rigenerativa e prenderci tempo per riflettere sull’efficacia di ciò che stiamo facendo. Potremmo trovare stimolante concentrarci su alcuni aspetti di questo lavoro, tra cui la cura di sé e la cura reciproca. Talvolta infatti ci può essere una forte motivazione ad intraprendere un’azione dopo l’altra, ma questo può portare al burn-out.

Attribuiamo valore all’apportare cambiamenti al nostro stile di vita, come cambiare la nostra dieta, la meta delle nostre vacanze, gli stili di consumo e così via (tuttavia la responsabilità personale può essere sopravvalutata e si basa, in una certa misura, sul privilegio). Per tutte queste sfide chiediamo spazio, pazienza e disponibilità a provare cose nuove per verificare se ci aiutano a raggiungere i nostri obiettivi.

Seguiamo un ciclo che prevede azione, riflessione, apprendimento e pianificazione di ulteriori azioni. Impariamo da altri movimenti e contesti così come dalle nostre esperienze.

Non sappiamo come cambieranno le cose, quindi siamo disposti a sperimentare ed imparare da ciò che facciamo. Attraverso continue domande, riflessioni ed imparando da ciò che ha funzionato in altre situazioni, miglioreremo ciò che facciamo e non resteremo bloccati in comportamenti ripetitivi. Questo è un processo attivo ed in continua evoluzione, che richiede tempo e stimoli affinché gli individui ed i gruppi possano riflettere su cosa è andato bene e perché, e su cosa sarebbe meglio fare diversamente in futuro.

Lavoriamo attivamente per creare spazi più sicuri ed accessibili.

Come movimento ci impegniamo a lottare per il diritto alla vita e per la vita futura dei nostri figli e di tutte le creature viventi del pianeta. Riconosciamo che per cambiare il mondo, dobbiamo cambiare il modo in cui pensiamo e creare relazioni con coloro con cui lavoriamo e con cui ci alleiamo. Il mondo è attualmente definito da gerarchie di razza, classe, genere, sessualità, reddito, istruzione, aspetto, stato di immigrazione, età, (dis)abilità, ecc. Per quelli che si trovano sui gradini più bassi di queste gerarchie, gran parte del mondo non è uno “spazio sicuro”. Per creare spazi più sicuri dobbiamo lavorare attivamente alla comprensione del funzionamento di queste gerarchie, per poterle sfidare e costruire una realtà inclusiva, rendendo i nostri spazi più accessibili. Pertanto, affinché il nostro movimento sia sicuro per tutti, deve esserlo innanzitutto per i più emarginati ed oppressi.

Vogliamo creare spazi più sicuri per supportare l’inclusione di tutti. Il nostro obiettivo è che ogni individuo sia accolto indipendentemente dalle caratteristiche specifiche e dalle gerarchie attualmente presenti nella società. Ogni individuo nel movimento è responsabile della creazione e del mantenimento di spazi più sicuri, compassionevoli ed accoglienti. Le nuove persone nel movimento devono essere accolte esplicitamente dagli altri membri: un semplice punto di partenza è l’adesione a questi principi fondamentali.

La violenza fisica o l’incitamento alla violenza nei confronti degli altri non sono accettati. Non sono accettati, né fisicamente né online, sia durante un’azione che in altre situazioni, il comportamento discriminatorio, il linguaggio o il comportamento che esibiscono il razzismo, il sessismo, l’antisemitismo, l’islamofobia, l’omofobia, il pregiudizio rispetto alla disabilità (abilismo), la discriminazione di classe, il pregiudizio rispetto all’età (ageismo), il linguaggio di odio (hate speech) e tutte le altre forme di oppressione e discriminazione, incluso il linguaggio offensivo nei confronti degli altri.

Riconosciamo anche che siamo esseri complessi ed esibiamo molte parti diverse di noi stessi in tempi diversi ed in circostanze diverse. Ad esempio, a volte potremmo essere premurosi, altre volte giudicanti ed altre volte negligentemente reattivi. Alcune di quelle parti sono parti di noi che siamo felici di avere, ed altre sono parti con cui stiamo lottando, o della cui esistenza non siamo nemmeno consapevoli fino a quando non si sono rivelate. Con questa conoscenza, ci avviciniamo l’un l’altro da un luogo di compassione e ci incoraggiamo a vicenda ad aumentare la nostra consapevolezza di noi stessi.

Abbattiamo le gerarchie del potere per una partecipazione più equa.

Il terreno su cui è costruita la nostra rete è nelle relazioni tra i suoi partecipanti. Lavoreremo ogni giorno per costruire fiducia, rispetto e reciprocità tra tutti noi. Partiamo dal presupposto che tutti i membri abbiano buone intenzioni e reagiranno alle mancanze di rispetto. Utilizziamo tecniche di risoluzione dei conflitti per affrontare le tensioni in un modo sano, che ci consenta di crescere come movimento. Fondiamo il nostro lavoro sul dialogo, sulla guarigione, sulla trasformazione collettiva e sulla giustizia. Non tolleriamo l’umiliazione reciproca o il bullismo in qualsiasi forma. Dobbiamo quindi essere onesti e chiari con noi stessi e con gli altri: tutti abbiamo pregiudizi, e questi devono essere riconosciuti e visti piuttosto che alimentati. È responsabilità di tutti cambiare abitudini e comportamenti distruttivi.

Riconosciamo che il nostro mondo, così com’è attualmente, è strutturato da varie gerarchie che si intersecano a partire da classe, razza, genere, sessualità, (dis)abilità, età, reddito, provenienza e così via. In quanto tale, l’esperienza di ogni persona è modellata dalla sua posizione all’interno di queste varie gerarchie sociali. Per fare un esempio: essendo una donna di colore si sperimentano diverse forme di oppressione rispetto ad una donna bianca.

Mentre miriamo a vivere in un mondo in cui queste gerarchie non esistano più, non possiamo semplicemente far finta che all’interno di Extinction Rebellion esse non esistano. Per questo motivo miriamo a mettere al centro le voci che normalmente sono più emarginate ed oppresse, lasciando loro spazio di parola, valutando il loro punto di vista sul mondo ed incoraggiandole ad assumere posizioni di leadership / coordinamento. Non si tratta di fare a gara a “chi è il più oppresso”, si tratta di fare consapevolmente spazio alle persone che devono combattere di più per essere ascoltate, riconosciute e rispettate.

In termini pratici ciò significa:

  • bilanciare l’assunzione di ruoli di coordinamento da parte di membri di gruppi emarginati o oppressi.
  • includere nella nostra comunicazione questioni e voci che vengono normalmente ignorate (ad esempio il collegamento tra i cambiamenti climatici ed i centri di detenzione in cui vengono imprigionati i migranti). Tuttavia, siamo consapevoli di non poter parlare per conto di qualcun altro.
  • garantire l’accessibilità (in termini di assistenza all’infanzia, accesso per sedie a rotelle, facendo attenzione a non parlare usando un gergo tecnico, sottotitoli e dove possibile lingua dei segni,…), sia per le riunioni che per le azioni.
  • riconoscere che comportamenti oppressivi sono socialmente radicati in noi ed, alle persone privilegiate, viene chiesto di impegnarsi a mettere in discussione i loro privilegi e ad essere aperte alle sfide.
  • rinnovare frequentemente le posizioni di responsabilità e coordinamento in modo che il potere non si radichi.
  • incorporare la pratica anti-oppressiva nei nostri materiali di formazione.
  • fare il lavoro necessario per stringere autentiche alleanze con i movimenti di base delle persone più emarginate o oppresse.
  • riconoscere che a volte le persone commettono errori, danno giudizi errati e fanno passi falsi. Cerchiamo di evitare un’esposizione umiliante nei confronti del singolo, quando è chiaro che un problema deve essere sollevato ed affrontato.

La necessità di avere un database, dei social media ed un sito web, la raccolta di fondi per le riunioni,… implica inevitabilmente la centralizzazione di un certo potere. Per mitigare eventuali problemi di potere che possono sorgere, abbiamo un Comitato di Sostegno (Anchor Circle), il cui ruolo è trasparente ed in cui le persone entrano ed escono in modo chiaro e strutturato.

È importante che ogni attivista rifletta su queste domande: se svolgi sempre un ruolo, puoi formare qualcun altro a farlo? Se qualcun altro sta assumendo la leadership in un ruolo, puoi imparare da lui/lei in modo da poterlo/a sostituire? Puoi sfidare te stesso ad assumere un ruolo più diretto anche se questo è qualcosa che non ti viene spontaneo fare? Ti prendi del tempo per ragionare su potere e privilegi? Hai una comprensione di come il potere ed il privilegio che detieni hanno un effetto sulle altre persone e sul movimento di cui fai parte?

Viviamo in un sistema tossico, ma nessun singolo individuo è da condannare.

Incolpare e biasimare, nel lungo termine, non porta a nulla. Mentre una specifica campagna può cercare di evidenziare il ruolo dannoso svolto da un’istituzione, compresi gli individui che servono tale istituzione, il nostro punto di partenza è che viviamo in un sistema tossico che ha danneggiato tutti.

Sappiamo quali sono i comportamenti dannosi, sfruttatori o offensivi e non li tolleriamo, tuttavia non indeboliamo il nostro amore o la nostra forza incolpando e biasimando. Anche nelle nostre dinamiche interpersonali e di gruppo, nonché nella nostra relazione con noi stessi, prestiamo attenzione a questo principio.

Abbracciamo il cambiamento che crea unità nella diversità; dobbiamo stabilire relazioni corrette tra di noi ed affrontare con consapevolezza le strutture che ci dividono, evitando trappole che provengono da giochi che possiamo inavvertitamente giocare. Accettiamo che le emozioni a volte debbano essere espresse, che possa essere necessario un momento di sfogo. Ascoltiamo e condividiamo le emozioni, per tornare ad una base di amore, rispetto e convivialità. Dobbiamo essere compassionevoli quando vengono commessi errori, perché gli errori sono opportunità di apprendimento. Cerchiamo modi per connetterci e comprenderci, come la pratica dell’ascolto attivo: ascoltarsi vicendevolmente, ad un livello profondo, è uno strumento potente. In particolare, dobbiamo ascoltare quelli di noi che provengono da gruppi le cui voci tendono ad essere messe a tacere.

Utilizziamo strategie e tattiche non violente in quanto reputiamo siano il modo più efficace per apportare un cambiamento.

La nonviolenza mantiene vivo il nostro movimento. Usiamo la nonviolenza per mettere in luce i veri autori della violenza sistemica che le persone subiscono quotidianamente in tutto il mondo. La nostra strategia è quella di far luce sull’ingiustizia che troppi soffrono ogni giorno. Proviamo dolore per gli abusi della polizia e di altri, e continueremo ad esporre la loro violenza attraverso la nostra disciplina. La nonviolenza si è dimostrata inequivocabilmente uno strumento efficace nelle mobilitazioni di massa (vedi il lavoro di Gene Sharp ed Erica Chenoweth) e quindi rappresenta una pietra angolare del nostro movimento.

Allo stesso tempo riconosciamo che molte persone e movimenti nel mondo affrontano la morte, torture, sfollamenti ed abusi. Non condanneremo coloro che difendono giustamente le loro famiglie e comunità attraverso l’uso della forza, soprattutto perché dobbiamo anche riconoscere che spesso è il nostro privilegio che ci consente di agire come agiamo. Siamo solidali con coloro che non hanno tale privilegio e quindi devono proteggersi con mezzi violenti; questo non significa che perdoniamo tutta la violenza, solo che comprendiamo che in alcuni casi può essere giustificata. Inoltre, non condanniamo altri movimenti sociali ed ambientali che scelgono di danneggiare la proprietà privata per proteggere sé stessi e la natura, ad esempio disabilitando una piattaforma di fracking o mettendo fuori servizio un centro di detenzione. I membri del nostro movimento, tuttavia, non agiranno in nome di Extinction Rebellion danneggiando la proprietà altrui, a causa dei rischi che correrebbero gli altri manifestanti, per associazione.

Creiamo collettivamente le strutture di cui abbiamo bisogno per sfidare il potere.

Sappiamo che non possiamo rivolgerci soltanto al governo per risolvere i problemi del mondo. I governi tendono a concentrare potere e ricchezza nelle mani di pochi privilegiati e spesso non hanno a cuore gli interessi della maggioranza delle persone e del mondo naturale. Comprendiamo che dobbiamo auto-organizzarci per soddisfare i nostri bisogni, lavorare per distribuire il potere e demolire i pilastri del potere che governano le nostre vite. Vogliamo creare l’accesso alle risorse di cui abbiamo bisogno, come strutture democratiche che assicurino a tutti di poter contribuire ai processi decisionali; informazioni non influenzate dagli interessi dei ricchi e dei potenti; assistenza sanitaria dignitosa, istruzione, assistenza sociale ed abitazioni, produzione di energia pulita ed una legislazione che consenta di prevenire l’ecocidio.

Qualsiasi persona o gruppo può organizzarsi autonomamente attorno alle questioni ritenute più urgenti ed agire nel nome e nello spirito di Extinction Rebellion, a condizione che l’azione si adatti ai principi ed ai valori di Extinction Rebellion. In questo modo, il potere è decentralizzato, il che significa che non è necessario chiedere il permesso ad un gruppo centrale o autorità. Promuoviamo anche la presa di decisioni secondo i principi di “olocrazia”:

si può concordare in un gruppo che una o due persone svolgano un compito specifico per il gruppo; queste persone hanno quindi il potere di svolgere il compito come ritengono più opportuno;

gli incaricati possono chiedere consigli e feedback alle altre persone del gruppo, ma non hanno bisogno dell’autorizzazione di nessuno per completare il compito;

essi sono pienamente responsabili dei risultati e dovrebbero riflettere su di essi e su come migliorare in futuro. Se qualcosa va storto dovrebbero aiutare a rimediare.

Allo stesso tempo, come rete, Extinction Rebellion si auto-organizza per provvedere ai bisogni delle persone che vi partecipano, lavorando per fornire formazione in azioni strategiche per il cambiamento, educando noi stessi e gli altri su questioni relative al potere, al privilegio, a come creare una migliore accessibilità, prendersi cura dei nostri bisogni emotivi e trovare il tempo per costruire uno spirito di gruppo e per il divertimento.